(intro)Focus CNU Salso 2015: il triplete del capitano
L’impresa del calcio a 5 raccontata dal capitano delle ultime due stagioni Enrico Maiero, protagonista nei tre scudetti cussini: un manifesto sul “significato” delle avventure CNU!
Solamente pochi secondi ti separano dalla vittoria.
Il tuo respiro è fuori controllo, il cuore pompa tutto il sangue che è in grado di distribuire ai muscoli, questi sono tesi a rispondere a qualunque stimolo, la concentrazione è massimale, quasi quanto il sudore sulla tua maglietta.
Non ci sono vie di mezzo, non c’è gloria per i secondi, soltanto i vincitori saranno ricordati.
Se sarai in grado di resistere, se saprai respingere ogni assalto avversario, frenare ogni tentativo d’attacco verso la tua porta, se saprai soffrire per quei novanta interminabili secondi, sarai Campione.
La sirena viene fatta suonare dall’arbitro.
Ti lasci andare, crolli su quel parquet che solo pochi istanti prima ti era nemico, avrebbe potuto portarti alla sconfitta. Ora invece lo abbracci come un bimbo felice.
Tutta la fatica, il dolore muscolare o articolare è svanito, sovrastato dalle urla di gioia della tua squadra, dei tuoi compagni, di chi ha tifato per te.
Ce l’abbiamo fatta, siamo stati più forti, ancora una volta i più forti. Siamo Campioni, siamo ancora Campioni d’Italia.
Credo fosse nel gennaio 2012 quando ricevetti la prima convocazione ad un allenamento del CUS Udine Calcio a 5. Ignoravo l’esistenza di questo gruppo, ignoravo persino l’esistenza di competizioni universitarie a livello nazionale, preso com’ero dal resto delle mie attività. Ad ogni modo, non potevo declinare l’invito giuntomi da Marco Grossi e Alessandro Barile, due persone, sarebbe meglio definirli Uomini, divenute poi punti fermi della mia vita sportiva e non solo.
Ricordo i primi allenamenti come incontri conoscitivi, sia per familiarizzare con uno sport completamente nuovo (altri come me provenivano dal calcio a 11), sia per conoscere i molti volti nuovi presenti all’interno di uno spogliatoio, anch’esso nuovo.
Non è stato difficile creare un normale livello di sintonia e amicizia. Qualche birra, qualche cena in compagnia e già sembrava di stare in famiglia. Ma le vere difficoltà, quelle che ti fanno capire se sei Squadra o meno, stavano per arrivare. Superate agevolmente le qualificazioni, ai CNU di Messina 2012 si sarebbe fatto sul serio. Pochi erano reduci da precedenti manifestazioni, molti alla prima in assoluto, diversi all’esordio con lo sport stesso. Inutile negare quanto la tensione fosse alta e grandi le aspettative create da noi stessi. Tutto si sarebbe potuto sciogliere in un battito di ciglia o cementare per molto tempo.
Ciò che è successo nella lontana Sicilia è andato ben oltre la semplice immaginazione ed ha raggiunto livelli onirici nella tiratissima finale contro Cus Caserta, vinta dopo una partita da infarto ai tempi supplementari per 11 a 8.
La nostra prima volta da Campioni d’Italia.
Inimmaginabile, indimenticabile, indelebile.
A Cassino 2013 c’è stata la consacrazione di un gruppo troppo forte, troppo unito e troppo qualitativo per chiunque. Un solo pareggio, a qualificazione già acquisita, a spezzare le incessanti vittorie, alcune con parziali netti e schiaccianti. La finale con Cus Ancona è stata emblematica. Sotto per due reti a zero dopo pochi minuti, siamo stati in grado di chiudere la prima frazione avanti per cinque a due. In una sola parola, carattere. I successivi venti minuti hanno evidenziato la superiorità bianconera e legittimato il secondo titolo italiano.
Quando ti ritrovi campione per due volte consecutive, comprendi cosa significa realmente vincere. Non vuoi più smettere, vuoi continuare a farlo, dimostrare a tutti di essere il migliore. Ti ritrovi affamato, ancora più di prima. Allo stesso tempo hai scoperto le tue carte, ora tutti sanno chi sei, sei campione d’Italia al quadrato. Ti temono, ti rispettano, ti invidiano. Tutti ti giocano contro al massimo delle proprie capacità ed oltre. Ti vogliono rubare lo scettro, vogliono farti cadere da lassù.
Quanto male, quanto rumore possa produrre una sconfitta lo percepisci dal silenzio nello spogliatoio.
A pochi secondi dalla fine perdiamo il Pass per le fasi finali ai CNU di Milano 2014, perdiamo il posto sul gradino più alto, perdiamo la possibilità di provarci nuovamente. E’ tutto finito, per un intero anno non potrai far altro che attendere la rivincita. C’è gente seduta in lacrime, altri distesi con la mani sul viso, chi invece preferisce buttarsi subito sotto la doccia. C’è il silenzio. Nessuno vuole rovinare la sacralità di quel triste momento, è una forma di rispetto verso i tuoi compagni, i dirigenti e chi ha speso energia per permetterti di essere lì. E’ una forma di rispetto verso la squadra che ha dato tutto, ha sputato tutta l’energia sul campo ed ora non ha più niente tra le mani, sfuggito all’ultimo respiro.
Quando è tempo di riprovarci, quel ricordo è sbiadito, lontano. Non ci pensi più.
I compagni non sono più tutti gli stessi. Solamente alcuni hanno già vissuto la competizione, tanti sono nuovi e muovono i primi passi sul parquet. Ricominci da capo, come se nulla mai fosse capitato. Sembra quasi quando ti preparavi per il tuo primo campionato nazionale universitario.
L’incertezza è tanta, le aspettative tra mille difficoltà non decollano ed i problemi sembrano troppi per poter ben figurare.
Superiamo le qualificazioni zoppicando, battendo un avversario ostico come il Cus Verona.
Si va ai CNU di Salsomaggiore 2015.
L’esordio contro Pisa termina 1 a 1. Il secondo giorno è già decisivo, vinci o rischi di tornartene a casa.
L’avversario è, come sempre in queste occasioni, dei peggiori. Il Cus Catanzaro.
Descrivere con delle semplici parole l’agonismo di una partita come questa è semplicemente impossibile. Si può segnalare solamente il risultato: 7-4.
I risultati del girone ci qualificano per le semifinali ma non ci basta. Il giorno dopo vinciamo anche lo spareggio per il primo posto in graduatoria, contro il Molise.
Ora tocca al rivale storico, Caserta, impedirti di accedere alla finalissima per poterti ricandidare Campione d’Italia.
Il primo tempo è da urlo, semplicemente da urlo. 4 a 1.
Pare non esserci proprio storia. I campani sembrano disorientati, confusi, storditi dalla nostra carica. Li stiamo letteralmente sotterrando. Tutto troppo bello, tutto troppo facile. La ripresa è completamente diversa. Vinciamo per 5 a 4 ma la gioia per aver raggiunto la Finalissima viene smorzata dall’esclusione di un compagno per somma di ammonizioni e dal possibile infortunio al portiere. Che faremo domani?
Tra molte difficoltà iniziali, con mille problemi durante il cammino, ti presenti ad una finale, inizialmente insperata, con il fiato corto e con la sensazione di aver già fatto molto. Cominci a chiederti se ti senti appagato. E’ possibile provare soddisfazione ancor prima di giocare una finale?
E’ il momento. Sei dentro lo spogliatoio e cominci a cambiarti.
Dov’è finita tutta quella carica emotiva dei giorni scorsi? Perchè ora ti senti così dubbioso? Perchè ti sembra di non essere più invincibile? Forse abbiamo speso troppo per conquistare questa finale?
Forse abbiamo già dato tutto. Forse il secondo posto è già un traguardo glorioso.
Sei pronto, devi uscire per il riscaldamento pre-gara.
Ti affacci in palestra e trovi loro, gli amici di una vita, giunti lì senza preavviso dopo ore di viaggio per starti vicino, per darti la carica, per trasmetterti la loro energia e ricaricarti.
Sì, ora ci siamo, ora siamo carichi, ora siamo nuovamente pronti a combattere, ora dobbiamo vincere.
La finale è un viaggio attraverso te stesso.
Scopri forze che non avevi mai avuto prima, emozioni che non pensavi nemmeno di poter sportivamente provare. Ti trovi ad urlare per un fallo ad un compagno, ad alzare il pugno al cielo per un intervento difensivo, a perdere la voce per il gol del vantaggio. Sei lì, dentro la partita con ogni singolo centimetro del tuo corpo, pronto ad onorare fino alla fine la maglia che indossi, la maglia che rappresenta la tua città. Sei parte di una Squadra, parte di qualcosa di più grande. Esiste solo l’insieme, non esisti più tu. La vittoria è la naturale conseguenza di questo stato mentale, fisico ed emotivo.
Gli avversari devono inchinarsi, non c’è scelta, non c’è possibilità.
Finisce otto a sei. Finisce che sei nuovamente Campione d’Italia, per la terza volta nella Storia.
Magia.
Ho sempre risposto così a chi in questi anni mi ha chiesto di “spiegare” questa squadra e le sue vittorie.
Quando ho cominciato a buttare giù qualche riga per trasmettere quello che si prova ad essere un giocatore del Cus Udine calcio a 5, quello che si prova ad esserne stato il capitano, ho capito subito che non sarebbe stato possibile.
Entrando in spogliatoio, soffrendo in campo assieme ai tuoi compagni, sacrificandoti per loro.
Solo così puoi capire cosa sia tutto questo.
Senti dentro di te qualcosa che va oltre tutto, oltre ogni difficoltà, oltre ogni ostacolo e ti permette di sopperire a tutto quello che ti manca o di colmare le differenze con gli avversari più forti.
Tre medaglie d’oro, premi individuali e due sole sconfitte in quattro anni.
Non penso serva aggiungere molto altro. Semplicemente leggendario.
“L’insieme è maggiore della semplice somma delle sue parti”. Sempre.
CNU Messina 2012
Ringraziamenti.
Bisognerebbe citare un’infinità di persone ma credo sia il caso di sottolinearne tre su tutte.
Marco Grossi, Alessandro Barile e Marco Mancini.
A loro vanno i complimenti più grandi.
Hanno segnato il cammino, l’hanno percorso fino in fondo, guidando tutti verso la crescita personale ed infine verso la vittoria.
Grazie di avermi reso parte di questa grande squadra magica!
Forza CUS Udine.
Enrico Maiero