EUROPEAN MASTER GAMES: SUCCESSI PER PAGAVINO DEL CUS
L’atleta cussino si laurea campione europeo master di categoria nel Triathlon e nei 10000 metri, oltre a un quarto posto nei 20km su strada. I racconti del neo-campione.
Come sono giunto ai piedi del podio nella 20 km su strada agli European Masters Games di Lignano
Perfetta la temperatura, alle 9 di mattina del giorno 18 di questo caldissimo settembre 2011. Il circuito prevede lo start dallo stadio, poi passaggi a Lignano Pineta, Riviera, una volta arrivati al Tagliamento tornare verso Sabbiadoro costeggiando il canale, via per la ciclabile con pamorami struggenti sulla laguna fino alla darsena, giravolta a U e finish-line allo stadio.
Della categoria M60 siamo in 8. Il portoghese Josè Ribeiro e il russo Anatoli Romanov li conosco già, li ho visti ieri nei 5000 metri e mi sono superiori. Cercherò di lottare per il terzo posto, poi ,come i saggi insegnano, ogni gara è a sè.
Si parte, un centinaio in tutto tra uomini e donne, uno spettacolo piuttosto modesto per un EMG, corso per le strade nella totale indifferenza della città. Vado sui 4’10” al km e raggiungo un gruppetto di cui fanno parte anche Josè e Anatoli. Al quarto-quinto km sento di poter allungare, vado in fuga, superando anche alcuni giovanotti di categorie più giovani. Uno di questi, un simpatico furlanàt, sentendomi arrivare con il mio passo pesante ( un difetto che non sono mai riuscito a togliermi) mi dice:” Dì, moh, tu coris cu lis dalmimis?” Mi fa ridere di cuore; no, non corro con i pesanti zoccoli di legno friulani, ma proprio non riesco a correre diversamente. Così lo supero e vado oltre, se non altro per non continuare a dare fastidio alle sue delicate orecchie. Prendo duecento-trecento metri sul portoghese, spero di aumentare il distacco invece alle svolta a 90 gradi del canale noto con preoccupazione che Josè sta rinvenendo. Piano piano mi raggiunge. Quando siamo al cimitero e quindi alla pista ciclabile sulla laguna siamo diventati amiconi, corriamo all’unisono affratellati dal comune amore per la corsa. Facciamo alcuni chilometri insieme a un buon ritmo, ma al quattordicesimo ci raggiunge il russo Anatoli.
Beh, mi dico con speranza, vediamo come va a finire ma almeno terzo arrivo ( naturalmente sotto sotto spero nell’oro, non sono ancora stanco, ho ancora delle freccie al mio arco). Ma Josè dice che c’è un altro M60 davanti, e di stare attenti a un altro russo che infatti sta transitando in senso contrario verso la darsena, a circa 500 metri da noi che dopo il giro di boa stiamo tornando verso lo stadio. Dunque tutto è ancora da giocare.
Al 15° km l’ultimo ristoro, un goccio d’acqua al volo e a questo punto il portoghese decide di rompere gli indugi, mette la quinta e se ne va. Anatoli gli dietro per un centinaio di metri, poi lentamente si stacca anche lui. Quanto a me, risento moltissimo della fatica del triathlon vinto l’altro ieri. Vado sempre a 4’15” al km, non riesco a cambiare ritmo, le gambe dure. Anatoli è sempre lì davanti, a un centinaio di metri, ogni tanto si volta, anche lui sta dando tutto per tenermi dietro. Si arriva al traguardo in un’ora e 25minuti, ci abbracciamo. L’unico dubbio è: ma questo fantomatico M60 di cui parlava Josè, c’è o non c’è?
Sì, c’è. Si chiama Alexander Tsukonov, arrivato un minuto prima di Riberiro.
Dunque mia è la medaglia di cartone, ai piedi del podio. Anatoli, forse vedendo nella mia espressione un po’ di delusione( sarei giunto secondo sia tra M55 che tra gli M50), mi fa :” I am sorry”. Poi, alle premiazioni, fa l’atto di togliersi dal collo la medaglia per consegnarla a me. Lo abbraccio e lo tengo stretto stretto, questo russo sessantaquattrenne dagli zigomi alti, faccetta scavata e espressione intensa. ” Anatoli, questa medaglia è tua, te la sei guadagnata, sei un grande…” E torniamo ad abbracciarci, quasi piangendo di commozione.
Penso che settantanni fa un russo e un italiano, poveri fantocci strumentalizzati nelle mani di ottusi e ambiziosi tromboni della guerra, si sparavano addosso ed erano costretti ad odiarsi nel gelo dell’inverno sovietico.
Caro Anatoli, fratello mio.
Brunello Pagavino
Come sono diventato campione europeo di triathlon sprint
Una settantina i partecipanti alla prima gara, dai cinquantanni in su. Della mia categoria M7, che corrisponde agli M 60, siamo in quattro. Tre italiani e un francese. Ieri al briefing ho conosciuto i miei rivali. Sono abbastanza tranquillo con Galileo, è più forte di me nel nuoto ma più debole nella corsa. L’altro, Enrico, non c’è al briefing ma Galileo che lo conosce dice che non è molto forte nel nuoto e nemmeno nella corsa. Il quarto è un francese, Claude, un omone dal fisico atletico e dal sorriso accattivante, rimane un mistero per noi avidi di sapere. E’ forte? Ha molta esperienza di triathlon? Vuole vincere? Sì, il dubbio ci rode perchè siamo in quattro e sul podio c’è posto solo per tre.( Spero si capisca che sto forzando umoristicamente l’aspetto agonistico della situazione, in realtà un grande feeling di di stima reciproca e simpatia pervade tutti noi)
Così, forte del mio francese, sondo la situazione con molto tatto, prendendola alla lontana, come il mio solito. Gli chiedo, a bruciapelo:” Ma tu, sei forte? Quanto fai nel nuoto? E in bici, vai bene? Sei una saetta nella corsa?”. Lui rimane esterefatto, si mette a ridere, ci tranquillizza:” Ho fatto solo un paio di triathlon finora -dice- ho mal di schiena e nel nuoto vado a rana. Vi basta?”. Io e Galileo prendiamo nota mentalmente di tutto e dentro ce la godiamo. Se è davvero così, la lotta per l’oro è ristretta a noi due.
Giorno della gara. Il mare non è calmo come nei giorni scorsi e leggermente più freddo, temperatura 21 gradi e mezzo. Muta facoltativa. Io non l’ho portata, amen. Alla fine saremo circa fifty fifty, tra mutanti e no. Dalla spiaggia della GeTur bisogna nuotare in senso orario verso una boa posta a 250 metri, poi 350 metri paralleli all’arenile, e 250 metri di ritorno.
Per me attimi di panico prima del via. Si sfila il gancio di gomma degli occhialini, nella concitazione non riesco a rimetterlo, corro alla zona cambio per gli occhialini di riserva. Tutto ok, sono pronto anch’io. Quella boa laggiù però sembra lontanissima.
Cosciente dei miei limiti parto tra gli ultimi e nuoto lento ma senza affanni, almemo in questo sono migliorato rispetto a passate prestazioni. Gli altri, delfini e delfine in un turbinio di spruzzi e bracciate già lontani; mi sembra di avere uno dietro, un paio davanti ma abbastanza vicini. Chiudo la frazione di nuoto e corro alla zona cambio per la bicicletta. Sta proprio partendo Enrico, quello della mia categoria che mancava al briefing di ieri e che ho conosciuto stamattina. Contento come una Pasqua lo raggiungo e supero attorno al secondo chilometro. Bene, sul podio ci sono, adesso vediamo dove sono gli altri due. Pedalando al massimo delle mie (limitate ) possibilità verso Lignano Riviera ( il circuito prevede tre km per due, andata e ritorno, da ripetere tre volte per un totale di 18 km) vedo Galileo sulla carreggiata opposta parecchio davanti, e una volta effettuato il giro di boa, nel ritorno, chi ti vedo? Il francese! Quello che non sapeva nuotare! E il mal di schiena eccetera! Mi ha fregato, mi ha proprio fregato. Ma non importa, corro alla rincorsa di Galileo perchè un argento all’Europeo è un risultato oltre le più rosee previsioni, per un quasi neofita come me.
Ripassandoci davanti noto che la distanza tra noi rimane circa la stessa, sta difendendosi bene, nella corsa dovrò dare tutto e non è detto che riesca a raggiungerlo. Rivedo più volte il francese, che vola nel ritorno per il suo ultimo giro mentre io sono ancora a metà dell’andata. Ma bravo il mio francesino, mi hai fregato con l’eleganza di uno spadaccino, penso. Ma è giusto così, le gare si vincono anche psicologicamente nei pre-gara e io devo ancora acquistare un sacco di esperienza.
Cosicchè ora sto volando anch’io in direzione GeTur per concludere la frazione ciclistica e… chi ti vedo? Ma sì, è Claude, il francese. Non era davanti a me come pensavo, era dietro, e deve fare ancora quattro chilometri per concludere la sua frazione di bici. Mi scuso mentalmente con lui ma non per molto, ho troppo da fare. Devo mettere la bici nella rastrelliera, togliere casco e scarpe, aggiustare il pettorale, mettere le scarpe da corsa e via! Davanti a me il vuoto, gli altri concorrenti sia più giovani che più anziani sono lungo il percorso da ripetere cinque volte ( un itinerario un po’ cervellotico,uno quando corre vorrebbe pensare solo a quello e non a fare calcoli da ragioniere), mi lancio alla rincorsa dell’unico che, ormai è ceerto, mi può togliere la vittoria.
Galileo, dove sei Galileo? Supero parecchi concorrenti delle altre categorie, donne e uomini, cinquantenni e sessantacinquenni, ma di Galileo non c’è ombra. Al quarto giro lo vedo. La sua silhouette alta e slanciata, da fenicottero maturo, è riconoscibile da lontano. Gli sono vicino in quattro e quattr’otto, superandolo ci salutiamo. ” Mi domandavo quando mi avresti raggiunto- dice mentre ansima per o sforzo- pensavo prima”.
La meravigliosa pineta della GeTur è testimone della mia espressione raggiante negli ultimi due chilometri. Beh, sì, ho vinto l’oro, sono campione europeo di triathlon sprint M60, un anno e mezzo dopo i miei primi allenamenti triatletici.
Eh, sì, la vita è proprio strana a volte.
Brunello Pagavino
Come sono diventato campione europeo dei diecimila metri agli European Masters Games di Lignano 2011
Siamo in venticinque dagli M60 agli M 80 in questo caldissimo pomeriggio di sole di metà settembre allo stadio Teghil di Lignano per i campionati europei master, provenienti da una decina di nazioni europee. I russi in particolare fanno un pre-gara frenetico, con strani esercizi di stretching e riscaldamento. Tutti magri, scattanti, espressione determinata, nonostante i segni del tempo colpiscano equamente sotto tutte le latutudini.
Mi dico: Quo vadis Brunello? Riuscirò a fare una figura dignitosa?
Allo sparo il russo Gannedy Marmuschev scatta come morso da una tarantola, tutti gli altri dietro. Io mi piazzo in centro gruppo ma al rettilineo opposto trovo una posizione ottimale al quarto posto dietro a un ucraino alto e dalla falcata elegante e un ceco dall’aria ingrugnita. Inutile ricordare che i capelli sono tutti più o meno dello stesso colore, atleti fin che si vuole ma abbiamo tutti sessanta o più anni.
Intanto Gannedy fa corsa a sè, là davanti. Seguo l’ucraino e il ceco per due giri, a 1’38” al giro, mi accorgo che posso fare di meglio e supero. Sono secondo. L’ucraino mi risupera ma ritorna dietro subito dopo. Penso: questo o vuole fare come il gatto col topo, sfinirmi e pugnalarmi alla fine, oppure è proprio più debole. C’è un solo modo per saperlo. Così allungo e…meraviglia delle meraviglie, resta indietro, dieci venti metri ma si allontana, lentamente ma costantemente. Lo rivedrò all’ottavo chilometro, quando lo doppierò.
Così la partita è tra il russo e me, insomma l’argento è assicurato; oltre le più rosee aspettative. Dopo il terzo chilometro comincia lo show dello speaker: la sagra dell’ottusità. Con un professionale vocione metallico al microfono conclama che il russo Gannedy viaggia a 3’45” di media, poi a 3’50”, 3’55” eccetera. A ogni giro il Nostro, con sicura professionalità declama il tempo e la media del dominatore della gara. Gli altri ventiquattro non corrono, no, proprio non esistono. Tra loro certamente c’è il prossimo campione europeo M65, M70, M75, M80, ma non conta, conta solo il primo della gara. A proposito di M80, il francese Christian Larcher è una star nazionale, recordman della sua categoria dai 1500 alla maratona, addirittura una èquipe televisiva è volata da Parigi a Lignano solo per lui.
A un passaggio grido: “Guarda che corrono anche gli altri, eh?”. Non so se ha sentito. Comunque mi accorgo dalle parole dell’ottus-speaker che il russo sta alzando parecchio la media, ora è sui quattro minuti al chilometro, io sono sui quattro zero cinque, siccome non pareva uno sprovveduto gli starà succedendo qualcosa. E infatti poco dopo dagli altoparlanti sento questa semplice notizia: il russo Gannedy si è ritirato.
Segue un imbarazzato silenzio. Povero ottus-speaker, deve allargare il suo campo mentale e passare a un altro nome da declamare e pontificare a ogni giro. Sì, perchè gli altri continuano a non correre e a non esistere. Trovato, lo ha trovato! ” Passa in testa… Brunello Pagavino!”. Negli ultimi quattro chilometri il protagonista sono io, passaggi, media e tutto. Mi dispiace per gli altri ma non posso farci niente, devo gestire al meglio i miei ultimi giri. Fa un caldo atroce ma non mi dà fastidio, corro sulle ali dell’entusiasmo e dell’orgoglio. Sto davvero vincendo.
Ultimo giro, campanella , apoteosi. Nel rettilineo finale, per arrivare sorridente a braccia alzate in corsia centrale perdo alcuni secondi, quelli che potevano far segnare un tempo finale di 40’50”, così taglio il traguardo in 41′ netti. Sono campione europeo M60.
Beh, la vita è proprio strana a volte.
Nell’intervista che segue, non manco di sottolineare l’importanza di una sana alimentazione, non è vero che è la carne a dare forza e grinta, sono frutta e verdura gli elementi fondamentali. Io che sono vegano ho appena vinto una gara a livello europeo, dunque chi vuole può anche trarre qualche spunto di riflessione.
Brunello Pagavino